Torniamo sul turismo dopo le due precedenti uscite (clicca qui e clicca qui per leggere gli articoli), perché nei giorni scorsi sono stati pubblicati dalla Regione dell’Umbria i dati relativi ai primi sette mesi del 2024. I numeri parlano di un pieno recupero sui dati pre-pandemia in tutte le destinazioni regionali, superando quelli del 2019 (ovviamente riferiti allo stesso periodo). Confermano naturalmente anche l’assoluta preponderanza di Assisi e Perugia rispetto a tutti gli altri centri.
Intanto una nota di metodo: non si capisce perché i dati siano riferiti ai primi sette mesi dell’anno e non al primo semestre o ai primi otto mesi, spezzando praticamente in due l’estate e lasciando agosto fuori da queste tabelle. In generale comunque la sensazione è che i numeri siano positivi in raffronto all’anno precedente soltanto grazie ai primi sei mesi dell’anno, perché a detta degli operatori e anche visivamente, luglio e agosto presentano un conto con saldo negativo in raffronto agli stessi mesi del 2023. Mentre non si possono fare paragoni con 2020, 2021 e 2022 anni totalmente “drogati” dall’effetto covid sugli spostamenti nei mesi estivi.
Parlando di comprensori turistici, Gubbio ha fatto registrare poco più di 50.000 arrivi, il 4,8% sul totale regionale, ovvero praticamente un quinto di Assisi e poco meno di un quarto di Perugia e conferma le proprie posizioni degli ultimi anni. Conferma purtroppo anche il dato sotto media dei giorni di permanenza. Parlando di singole città e non di comprensori, Gubbio è all’ottavo posto regionale per gli arrivi di italiani con Cascia apparentemente a sorpresa al quarto posto (ma bisogna tenere in considerazione il peso del mese di maggio quando la cittadina è invasa da migliaia di pellegrini in occasione della festa di Santa Rita). Ottavo posto di Gubbio anche per gli arrivi di stranieri, in questo caso superata da Castiglione del Lago e Passignano per l’attrattiva che esercita il Trasimeno nei mesi estivi.
I numeri non dicono molto di più e di diverso da quello che si registra in tutti gli altri anni. Le posizioni e le differenze tra città sono più o meno sempre le stesse. Va segnalato il buon risultato di Todi per quanto riguarda gli stranieri e in generale quello di Assisi, dove invece è sempre più evidente il boom di sudamericani probabilmente da collegare anche al culto del beato Carlo Acutis.
Questi numeri però non sono solo rose e fiori perché confermano purtroppo anche il trend in calo dei giorni medi di permanenza soprattutto dei turisti italiani. In tutta la regione, senza distinzione alcuna. Si è passati da 4,7 giorni medi nel 2001 ai poco più di 2,5 attuali per l’extralberghiero, mentre l’alberghiero è sostanzialmente stabile a poco più di 2 giorni. Questo trend della permanenza non è molto più allegro neanche per i turisti stranieri che fanno segnare un leggerissimo e direi quasi insignificante aumento di giorni nell’alberghiero (da poco più di 2 del 2000 agli attuali 2,2), ma calano invece vistosamente nell’extralberghiero, passando da 6,4 giorni di permanenza del 2003 agli attuali 4,3.
Se si lasciano i dati ufficiali della regione dell’Umbria e si considerano invece solo i mesi di luglio e agosto, qui le cose cambiano di molto. Per tutti. Perugia ad esempio nella seconda metà di luglio (subito dopo la conclusione di Umbria Jazz) e agosto ha fatto registrare un segno meno di oltre il 20% che il presidente di Federalberghi Umbria, Simone Fittuccia, imputa al “meteo terrorismo”. Azzardiamo invece a riferire questo calo più probabilmente all’intelligenza di chi rinuncia a spostarsi in luoghi dove la temperatura è rimasta sopra 35 gradi praticamente per 40 giorni consecutivi.
Ma questo problema dei mesi estivi è mal comune almeno in gran parte del centro Italia, comprese storiche località balneari e città d’arte famose in tutto il mondo. I musei civici di Assisi a luglio e agosto hanno registrato –18%. Il consorzio “Arezzo in tour” parla di un calo tra il 15 e il 20%. Calo mai registrato dal dopoguerra sulla costa toscana, compresa la Versilia.
Cali notevoli si sono registrati a Siena e addirittura Firenze. Non è stata risparmiata neanche l’Umbria, ovviamente. E neanche Gubbio, che non sta sulla Luna. Questa minor presenza era evidente anche solo “a occhio” nei luoghi cittadini abitualmente di maggior afflusso turistico. Lo confermano anche le sensazioni degli operatori. Molto importanti quelle di chi opera contemporaneamente in vari centri. È il caso di Daniele Martinelli che con l’azienda di famiglia gestisce trasporti turistici (a Gubbio il trenino “Gubbio Express”) in cinque città: Arezzo, Assisi, Gubbio, Montepulciano e Orvieto. In tutti questi posti i dati parlano la stessa lingua. “Il turismo in questa stagione ha subito un ridimensionamento strutturale generale importante”, dice Martinelli che in questo periodo ha partecipato a incontri sull’argomento in varie località umbre e soprattutto toscane.
Fermandoci a Gubbio, “il 2023 e il 2024 sono stati per il nostro servizio anni un po’ anomali – dice ancora Martinelli – perché la seconda parte del 2023 e la prima parte del 2024 hanno visto la chiusura totale di piazza Grande per i lavori di pavimentazione e il 2024 anche in piazza 40 Martiri, quindi il nostro servizio ha dovuto fare i conti con spostamenti e cambiamenti di itinerario che non sappiamo quanto abbiano inciso. Comunque – conclude – non credo che riusciremo ad arrivare alle 25-30.000 presenze che sono la media degli anni pre-covid. Il dato però potrebbe un po’ cambiare perché è legato al periodo natalizio solitamente molto affollato”.
Sarebbe interessante conoscere i dati della Funivia “Colle eletto”, servizio molto frequentato soprattutto da chi transita a Gubbio soltanto per un giorno, ma purtroppo da anni è praticamente impossibile poter ottenere anche solo delle stime.
Il problema del turismo di passaggio riguarda però probabilmente tutte le zone interne, compresi centri come Urbino che è patrimonio Unesco, sede universitaria e molto più vicina alla costa di quanto non lo sia Gubbio.
Infine un ultimo dato sul quale è necessario porre l’attenzione: è quello che riguarda il trend degli esercizi ricettivi della regione. Mentre il numero degli alberghi è una curva praticamente piatta tendente al calo, con circa 500 strutture in tutto il territorio regionale, non si può certo dire la stessa cosa per quelle extralberghiere che hanno conosciuto un costante aumento e sono passate dalle circa 1250 del 2000 alle quasi 7000 di oggi. Questa curva evidenzia due vere e proprie impennate: la prima dal 2017 al 2019, la seconda dal 2022 e tuttora in corso con un aumento di quasi 1000 strutture extralberghiere in un solo anno.
Tutti questi numeri e raffronti con gli altri non vogliono certamente dire che a Gubbio non ci sia nulla da fare per migliorare o che mal comune sia mezzo gaudio. Vogliono solo dimostrare che in un’epoca di globalizzazione e di difficoltà economiche il turismo è uno dei settori che subisce le conseguenze maggiori, positive o negative che siano. L’unica cosa certamente negativa è invece questo continuo gettarsi fango addosso restando inermi a commentare negativamente e a cercare colpe, atteggiamento tipico del peggiore provincialismo.
Media Video News proseguirà l’inchiesta ampliando il raggio e interpellando gli addetti ai lavori e i gestori di attività cittadine, con un approfondimento in uscita nei prossimi giorni.