La scorsa domenica 3 aprile è stato ricollocato in via Appennino, in seguito al restauro, il cosiddetto “Ovo di Gubbio” di Mirella Bentivoglio.
L’Ovo, struttura simbolica elaborata dall’artista in occasione della Biennale di Scultura svoltasi a Gubbio nel 1976, è stato ricollocato lì dove lei stessa lo aveva voluto e dove si era fuso perfettamente con il contesto urbano, resistendo fino ai primi anni duemila. Successivamente, dopo aver subito un grave danneggiamento, venne rimosso e conservato il materiale di cui era composto.
Si tratta di un uovo fatto di pietre, chiuso ma al tempo stesso frantumato, come in procinto di schiudersi.
Bentivoglio lo definì “un accordo di pace fra uomo e donna nel segno dell’uguaglianza”, decidendo di installare l’opera in un punto importante del tragitto della Corsa dei Ceri. L’Ovo, segno femminile e simbolo di fertilità, si inserisce così con armonia in un contesto ed in un rito prevalentemente maschili.
Uno dei frammenti di pietra che componevano l’Ovo originale portava l’iscrizione “All’adultera lapidata”, rendendo l’opera anche una combinazione fra la vita (l’uovo) e la morte (la pietra). Il frammento recante l’incisione, andato purtroppo perduto, è stato replicato e posto nella stessa modalità decisa da Mirella Bentivoglio, quindi con la scritta rivolta verso l’interno.