La lettera del prof. Luigi Girlanda in risposta all’articolo del 26 aprile 2025 “Il pallone è mio e il gol non vale | C’è chi ha più diritto di parola di altri?” di Alessia Fiorelli. Di seguito, il testo integrale:
“Quando il pallone è di chi sa giocare
Secondo la deontologia professionale, il diritto di replica dovrebbe essere garantito con lo stesso rilievo, la stessa evidenza e la stessa dignità attribuita alla pubblicazione che lo ha reso necessario.
Nel mio caso, questo principio è stato palesemente violato: la lettera del dott. Carlo Salciarini ha goduto di una lunga esposizione in apertura di sito, mentre la mia replica è stata fugacemente mostrata per meno di un’ora e rapidamente surclassata da un ulteriore intervento difensivo.
E non è tutto: inizialmente, la mia replica era stata pubblicata con un titolo decisamente fuorviante e con un commento previo, il cui intento interpretativo inevitabilmente condizionava il lettore prima ancora della lettura integrale della mia risposta.
Solo dopo la mia legittima richiesta il commento è stato rimosso. Quel commento, a sua volta, è poi diventato l’articolo autonomo a cui ora mi trovo a dover replicare.
Il titolo scelto per quest’ultimo pezzo, Il pallone è mio e il gol non vale, invita spontaneamente a una metafora calcistica che accolgo volentieri.
Nel mondo del calcio, si sa, i tifosi sono molto esigenti: se un giornalista completamente inesperto osasse pontificare su una squadra di Serie A senza aver mai seguito una partita con attenzione, senza aver studiato regolamenti, statistiche, tattiche, né aver cercato di comprenderne davvero la logica e la storia, verrebbe immediatamente subissato di critiche.
Non perché gli si voglia negare la libertà di parola, ma perché si pretenderebbe, con pieno buonsenso, che a parlare di calcio sia chi il calcio lo conosce, lo ha studiato e seguito con serietà.
Eppure, quando si tratta di religione cattolica – disciplina infinitamente più vasta, complessa e seria di qualsiasi sport – sembra che chiunque possa esprimersi, giudicare, correggere, senza dover rendere conto né di competenza né di formazione. Con il massimo rispetto, mi permetto pertanto di chiedere: la giornalista che si propone di offrire la giusta ermeneutica della mia risposta a Salciarini ha ricevuto una formazione teologica o canonica? È in grado di valutare argomentazioni dottrinali articolate, come quelle contenute nella mia replica? Non è una domanda polemica, ma una semplice esigenza di chiarezza: quando non si riesce a confutare un ragionamento, si cerca spesso di colpire il ragionatore.
Non sfugge, inoltre, una curiosa coincidenza: poche ore prima di pubblicare la lettera del dott. Salciarini, MediaVideo ospitava un articolo sorprendentemente propedeutico ai suoi rilievi.
Un caso? Può darsi. Ma nel calcio – e nella vita – i casi non sono mai del tutto casuali. E, già che si parla di coincidenze, ne segnalo un’altra, più sottile:
nel pezzo in testa al sito per pochi minuti vengo definito semplicemente consigliere comunale. Lo sono – e sono profondamente grato ai cittadini che mi hanno accordato la loro fiducia – ma mi domando: perché il dott. Salciarini viene giustamente definito dottore, mentre il sottoscritto viene identificato solo tramite una carica politica che nulla ha a che vedere con l’oggetto del contendere? La correttezza, se non proprio la deontologia professionale, vorrebbe che, parlando di un tema di carattere culturale e religioso, si usasse il titolo pertinente rispetto al contesto. Ma evidentemente si tratta di dettagli, per chi può parlare di tutto e di più.
Ora, considerando che fra pezzi introduttivi, lettere aperte, autorevoli interpretazioni e giuste ermeneutiche delle repliche si sta provando a imbastire una goleada — per di più con l’arbitro a favore, mi chiedo: si vuole forse negare all’avversario anche il gol della bandiera?
Luigi Girlanda”