Il consigliere comunale Luigi Girlanda invia una lettera di risposta al dott. Carlo Salciarini. Di seguito il testo integrale:
“RISPOSTA AL DOTT. CARLO SALCIARINI
di Luigi Girlanda
Egregio Dottor Salciarini,
verrebbe quasi da dire, parafrasando proprio il papa che lei tanto ama: “Chi è lei per giudicare?” Lei che si indigna per i giudizi altrui, ma non esita a giudicare in modo sprezzante il mio operato, il mio pensiero, perfino la mia professione. È un inizio che si commenta da sé.
La sua lettera, più che un confronto, è un atto d’accusa infarcito di moralismo e pregiudizio, che si regge su un presupposto chiaro: chi non la pensa come lei deve essere squalificato, delegittimato, screditato. E così arriva ad affermare, con una leggerezza che lascia sconcertati, che il mio insegnamento sarebbe pericoloso, ideologizzato, inadeguato.
Ma mi scusi: chi è lei per permettersi di giudicare la mia qualità professionale? Con quale titolo, con quale competenza, con quale conoscenza reale del mio lavoro si arroga il diritto di misurare il mio valore come educatore? Lei che invoca il Vangelo contro il giudizio, si permette poi di giudicare un uomo che non conosce, sulla base di un articolo. È curioso: lei fa esattamente ciò che dice di condannare.
Secondo il suo metro, se un’idea non rientra nei suoi parametri ideologici, diventa automaticamente “pericolosa”, “fanatica”, “reazionaria”. E se è espressa da un insegnante, allora scatta la censura professionale. È questo il pluralismo che tanto predica? È questa la tolleranza che vorrebbe insegnare agli altri?
Io insegno da 25 anni. E se volessi, potrei sommergerla di testimonianze di studenti, ex studenti e famiglie che hanno potuto apprezzare il mio impegno, la mia preparazione, il mio rigore, la mia passione educativa. Centinaia di giovani mi scrivono ancora oggi, grati per quello che hanno ricevuto. Perché sanno che con me non si impara a ripetere slogan, ma a pensare, a ragionare, a cercare la verità. Questo è ciò che faccio ogni giorno, e continuerò a farlo con la schiena dritta, senza farmi intimidire da chi pretende di ergersi a giudice morale dal pulpito di un comunicato stampa.
E aggiungo un punto essenziale: quando parlo di religione, non mi improvviso in un campo che non mi appartiene. Io ho studiato teologia seriamente, conseguendo il diploma con il massimo dei voti e la lode. Quindi, se parlo di dottrina cattolica, lo faccio con competenza, con rispetto, ma anche con piena consapevolezza. Perché non tutto si riduce a opinioni personali. Ci sono cose che si sanno, e cose che si studiano. E sarebbe ora che anche chi pontifica sulla fede, senza averla studiata, cominciasse a tacere con un po’ più di umiltà.
Quanto poi alle sue accuse sul mio giudizio verso Jorge Mario Bergoglio, non posso far altro che ripeterle oggi ciò che già le diceva, anni fa, il gigantesco Mario Palmaro, quando lei frequentava i convegni e le conferenze pubbliche dell’Associazione Culturale Benedetto XVI. Anche allora, col suo solito tono indignato, si stracciava le vesti ogni volta che qualcuno osava criticare l’intoccabile cardinale Martini. Eppure, nello stesso tempo, il cardinale Giacomo Biffi veniva sistematicamente vilipeso a livello nazionale, da stampa e ambienti ecclesiali. E in quei casi, guarda caso, lei non sentiva mai il bisogno di indignarsi, né alzava la voce per difendere quella figura.
E allora, mi chiedo: perché Martini sì e Biffi no? Perché le critiche a Martini diventavano subito “ferocia”, “odio”, “integralismo”, mentre per Biffi andava bene tutto, e si poteva tacere? È proprio su questo doppiopesismo che Palmaro la richiamò con chiarezza, e oggi è evidente che lei continua ad avanzare una prospettiva completamente contraria alla fede cattolica, secondo cui non si dovrebbe mai criticare nessuno, se ricopre un ruolo ecclesiastico.
Ma il cattolicesimo non ha mai insegnato l’infallibilità universale di chiunque sieda su una cattedra. Il cattolico, catechismo alla mano, ha sempre avuto – e ha tuttora – la possibilità, anzi il dovere, di giudicare dottrinalmente ciò che viene detto da papi e cardinali. Non si tratta di opinioni personali: si tratta di adesione o meno alla verità rivelata e custodita nella Tradizione.
Del resto, nessuno ha mai lesinato critiche – anche severe – ai papi del passato.
Ad Alessandro VI Borgia sono state rivolte pagine e pagine di accuse.
Al beato Pio IX sono state mosse critiche violente, anche da dentro la Chiesa.
Lo stesso san Pio X è stato bersaglio di attacchi, per non parlare di Pio XII, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, che quando erano ancora vivi subivano di tutto: articoli feroci, processi mediatici, disprezzo aperto, anche da teologi “di casa”.
Eppure, non mi sembra che nessuno abbia mai detto che fosse “contrario alla fede cattolica” criticare quei papi.
Non si capisce perché solo Jorge Mario Bergoglio debba essere sottratto a ogni forma di critica.
È una logica che nulla ha di cattolico e molto di idolatrico.
Lo ha espresso con chiarezza anche don Lorenzo Milani.
Una cosa non è vera perché l’ha detta il papa.
È vera se è conforme alla fede cattolica.
E questo don Milani lo spiegava benissimo nel suo scritto Un muro di foglio e d’incenso, dove rivendicava esplicitamente la legittimità delle critiche ai vescovi, se e quando si allontanano dalla verità del Vangelo e del catechismo. E allora viene spontaneo chiedersi: quando è don Milani a criticare i vescovi, va bene; è profetico e illuminato. Quando invece sono altri a farlo, magari richiamandosi alla dottrina cattolica di sempre, allora diventa fanatismo, odio, integralismo?
Una coerenza a corrente alternata, che nulla ha a che vedere con il cattolicesimo, e molto invece con il conformismo ideologico del nostro tempo.
Ecco perché io, come laico cattolico, come uomo di cultura, come educatore e come cittadino, ho il diritto – e il dovere – di dire la verità, anche se è scomoda. E se questa verità chiama in causa Jorge Mario Bergoglio per i suoi errori, per le sue ambiguità dottrinali, per i suoi gesti scandalosi, io non tacerò. Né davanti alla sua morte, né davanti alle sue contraddizioni. Di fronte alla sua morte, ho detto esplicitamente che solo Dio è giudice di ogni anima e ho pregato perché Nostro Signore mostri il suo volto misericordioso verso di lui. Vuole contestare anche questo? Crede che Bergoglio non debba rendere conto come tutti a Dio?
Non ho paura di chi cerca di delegittimare con l’insulto, con il discredito, con la demonizzazione.
Ho parlato, e continuerò a parlare. Perché la verità non ha bisogno del permesso di nessuno, tantomeno degli intolleranti paladini della tolleranza.
Luigi Girlanda“