Il settore dell’auto da forza trainante a tallone d’Achille dell’economia italiana. In Umbria non c’è produzione diretta di autoveicoli, ma molte aziende impegnate nella filiera e nell’indotto per un totale di circa 140 aziende e 10.000 dipendenti. La parte più consistente di questi numeri è riferita al territorio dell’Altotevere umbro, soprattutto a Umbertide e alla zona industriale di Santa Maria di Sette (Montone), dove lavorano anche molti operai eugubini.
Le prime vittime della crisi sono 500 precari che hanno già perso il posto ed entro fine anno sono annunciati altri 200 esuberi. Nelle fabbriche della zona c’è già stata un’impennata della cassa integrazione e un taglio netto di tutti i lavoratori interinali. Tutto questo comporta incentivi all’esodo, cassa integrazione, contratti di solidarietà, riduzione del lavoro precario.
È iniziata ovviamente una mobilitazione dei lavoratori: lo scorso 22 novembre c’è stata una manifestazione in piazza Matteotti a Umbertide. I sindacati lamentano un taglio drammatico del fondo automotive a livello nazionale e chiedono che a livello regionale venga creata un’agenzia che si faccia carico della transizione energetica e che dia una mano a superare questa fase complessa, ulteriormente aggravatasi dopo le recenti dimissioni di Carlos Tavares da CEO di Stellantis. Il gruppo multinazionale ha siti in grado di ospitare la produzione di 2 milioni di vetture all’anno, quest’anno non si arriverà nemmeno a 500mila e le aziende altotiberine lavorano soprattutto per Stellantis.
I lavoratori eugubini coinvolti sono probabilmente più di un centinaio. Alcuni hanno già vissuto sulla propria pelle la crisi del settore degli elettrodomestici e la fine dell’azienda Merloni di Gaifana una ventina di anni fa. Il problema è che, come dice Riccardo Coccolini responsabile automotive Fiom-Cgil, “Questa non è una crisi con una prospettiva di ripresa. Qui si viaggia al buio”. Mai come in questo caso la similitudine è calzante quanto pericolosa.