Il nome del protagonista, Gubbio, è in qualche modo legato alla città di pietra? Potrebbe essere! Si tratta di un’ipotesi plausibile, formulata anche da Maria Vittoria Ambrogi e Giambaldo Belardi nel volume “Gubbio nell’Italia della Grande Guerra – Uomini, fatti, testimonianze” (Gubbio, Edizioni Fotolibri, 2019).
Durante gli anni della Prima guerra mondiale, Lamberto Marchetti, prima tenente e poi capitano, era impiegato a Roma nell’ufficio della Commissione prigionieri di guerra, istituita nel 1915 su invito del Comitato Internazionale della Croce Rossa di Ginevra. L’ufficio di Roma si trovava al numero 115 di piazza Montecitorio.
Il nome di Marchetti , in seguito sindaco e poi podestà di Gubbio, figurava come perno operativo della Commissione. Nei primi anni del conflitto, Marchetti si incontrò in varie occasioni con Luigi Pirandello, in ansia per il figlio primogenito Stefano, partito volontario a venti anni e fatto prigioniero sul monte Podgora.
Questo rapporto tra Marchetti e Pirandello suscita interesse, perché proprio nel 1916 il drammaturgo siciliano aveva da poco scritto “Si gira”, il cui titolo venne cambiato poi da Pirandello nel 1925 nel definitivo “Quaderni di Serafino Gubbio operatore”.
Il riferimento a Gubbio nel nome del protagonista del romanzo, fa pensare a una non casualità, visto che è un cognome senz’altro originale e la conoscenza del futuro sindaco di Gubbio con il famoso scrittore potrebbe aver avuto un peso determinante nella scelta. Una specie di ringraziamento per l’interessamento e la collaborazione ricevuti da Pirandello nella ricerca di notizie del figlio.
La traccia sul romanzo di Pirandello pone agli studenti una questione più che mai attuale, quella degli effetti del progresso tecnologico sulla società. Il tema è oggetto di dibattito quotidianamente: sociologici, psicologi, giornalisti, esperti e studiosi del web si interrogano sul riverbero che le macchine hanno ma soprattutto avranno sugli individui. Il progresso è rapido e la velocità non è amica delle riflessioni.
Le “macchine” di cui parla il drammaturgo non sono più quelle a cui fanno riferimento gli studiosi, oggi a essere problematizzato è l’impatto delle tecnologie legate alla rete internet sulla nostra vita, lavorativa quanto emotiva e soprattutto sulla psiche dei più giovani. Sono tante le questioni che meritano di essere approfondite e che richiederebbero l’intervento del legislatore: si va dalle pratiche ormai radicate sui social network, specialmente quelle che coinvolgono i minori (sovraesposti da chi li tutela o liberi di utilizzare i device e la rete senza controllo), ai limiti che andrebbero definiti per tutelare la privacy degli utenti, ormai in balia di aziende che ne utilizzano i dati personali, talvolta in modo non proprio esplicito.
Un altro problema riguarda l’AI, Artificial Intelligence, un mondo di possibilità e potenzialità ancora inesplorate e destinato a rivoluzionare ulteriormente il mondo del lavoro e il modo con cui approcciamo a qualsiasi faccenda quotidiana.
Colpisce molto il brano tratto da “Quaderni di Serafino Gubbio operatore” e proposto come traccia per la prima prova di italiano, potrebbe essere stato scritto oggi:
“Soddisfo, scrivendo, a un bisogno di sfogo, prepotente. Scarico la mia professionale impassibilità e mi vendico, anche; e con me vendico tanti, condannati come me a non esser altro, che una mano che gira una manovella.
Questo doveva avvenire, e questo è finalmente avvenuto! L’uomo che prima, poeta, deificava i suoi sentimenti e li adorava, buttati via i sentimenti, ingombro non solo inutile ma anche dannoso, e divenuto saggio e industre, s’è messo a fabbricar di ferro, d’acciajo le sue nuove divinità ed è diventato servo e schiavo di esse. Viva la Macchina che meccanizza la vita! Vi resta ancora, o signori, un po’ d’anima, un po’ di cuore e di mente? Date, date qua alle macchine voraci, che aspettano! Vedrete e sentirete, che prodotto di deliziose stupidità ne sapranno cavare.
Per la loro fame, nella fretta incalzante di saziarle, che pasto potete estrarre da voi ogni giorno, ogni ora, ogni minuto? È per forza il trionfo della stupidità, dopo tanto ingegno e tanto studio spesi per la creazione di questi mostri, che dovevano rimanere strumenti e sono divenuti invece, per forza, i nostri padroni.
La macchina è fatta per agire, per muoversi, ha bisogno di ingojarsi la nostra anima, di divorar la nostra vita. E come volete che ce le ridiano, l’anima e la vita, in produzione centuplicata e continua, le macchine? Ecco qua: in pezzetti e bocconcini, tutti d’uno stampo, stupidi e precisi, da farne, a metterli sù, uno su l’altro, una piramide che potrebbe arrivare alle stelle. Ma che stelle, no, signori! Non ci credete. Neppure all’altezza d’un palo telegrafico. Un soffio li abbatte e li ròtola giù, e tal altro ingombro, non più dentro ma fuori, ce ne fa, che – Dio, vedete quante scatole, scatolette, scatolone, scatoline? – non sappiamo più dove mettere i piedi, come muovere un passo. Ecco le produzioni dell’anima nostra, le scatolette della nostra vita! Che volete farci? Io sono qua. Servo la mia macchinetta, in quanto la giro perché possa mangiare. Ma l’anima, a me, non mi serve. Mi serve la mano; cioè serve alla macchina. L’anima in pasto, in pasto la vita, dovete dargliela voi signori, alla macchinetta ch’io giro. Mi divertirò a vedere, se permettete, il prodotto che ne verrà fuori. Un bel prodotto e un bel divertimento, ve lo dico io.”
La nostra vita ormai spesa in larga parte sul web, vissuta (insomma!) sui social network, talvolta una vita solo mimata per confezionare un’immagine di sé adeguata e spendibile online, che segua i canoni dettati da un algoritmo e la scia di un consenso vuoto. Perché questo consenso spesso si rivela vacuo, inconsistente e non si riesce a trasmigrarlo nel reale. Basti pensare a quanto sembriamo tutti politicamente impegnati su internet, dediti a battaglie cruciali che vengono portate avanti con un click: leggo un contenuto, che deve essere breve e scarnificato per funzionare su un social (e anche i giornali, ormai, hanno ceduto al non approfondimento dettato dalle piattaforme), metto il mio like e, ecco, ho fatto! Sostengo il leader di turno, il politico e… Poi? Parlano i dati di affluenza alle urne, per esempio. A scandagliare i social nelle settimane precedenti a una tornata elettorale si potrebbe quasi pensare che davanti ai seggi vedremmo in fila un gran numero di persone. E invece, no.
La riflessione è ampia e chi scrive è andato fuori tema, tanto per rimanere nell’ambito delle prove di maturità.
Una nota ironica: alcuni giornali e anche il famoso sito Studenti.it hanno provato a dare in pasto le tracce della prima prova di italiano a ChatGPT, uno strumento che grazie all’intelligenza artificiale consente di chattare con un bot e ricevere informazioni di ogni tipo. ChatGPT ha restituito un testo preciso e puntuale ma sarebbe promosso?
A volte potremmo avere l’illusione di trovarci di fronte all’Uomo di Latta de “Il Mago di Oz” ma l’AI un cuore non ce l’ha e non lo desidera. Noi, piuttosto, dobbiamo stare attenti e cercare di non perdere mai il nostro.