Una scossa molto violenta, in seguito valutata di magnitudo momento 5.6, interessò una vasta area dell’Italia centrale e coinvolse più di 300.000 persone. L’epicentro venne fissato in una zona compresa tra monte Urbino, Scritto e Morleschio, al confine tra i comuni di Gubbio, Perugia e Umbertide, a una profondità stimata di 6 chilometri. Le località più colpite, che subirono danni tali da far valutare la scossa con una intensità tra VII e VIII della scala Mercalli furono Biscina, Camporeggiano, Castiglione, Scritto, Belvedere, Mengara, Morleschio, Padule, Piccione, Pierantonio, San Martino in Colle e Santa Cristina, dove si verificarono crolli parziali di molti edifici principalmente in cattivo stato di conservazione, vecchi fabbricati e case coloniche.
Per fortuna non ci furono vittime e si contarono una decina di feriti.
Nel centro urbano di Gubbio la scossa venne valutata di VII grado della scala Mercalli. In città anche il patrimonio storico subì gli effetti del terremoto e si determinarono crolli e lesioni soprattutto all’interno di molti edifici. La volta della chiesa di Santa Maria della Piaggiola [v. foto di copertina] crollò quasi completamente, danni vennero registrati anche al Palazzo dei Consoli, soprattutto nella torretta campanaria e al convento di San Francesco, in un’ala dove allora era collocato l’Istituto Statale d’Arte. Ma anche edifici di recente costruzione subirono in alcuni casi danni, come nel caso della scuola elementare “Aldo Moro” e dello stabilimento Sirci di Padule.
Gli sfollati furono migliaia in tutta l’area più direttamente interessata dal fenomeno. Dopo due giorni di sbigottimento nella popolazione eugubina, “la mattina del Primo Maggio – scrisse Pina Pizzichelli su L’Eugubino – mi trovavo, per caso, sul corso. Il terremoto come argomento d’obbligo, quando all’improvviso ecco il vecchio, straordinario Campanone. Non me l’aspettavo. Secondo gli ultimi dati forniti dal Comune, quella mattina anche il Palazzo dei Consoli era stato chiuso, per precauzione al pubblico. Le voci della gente indicavano malata anche la torretta del Campanone, cosicché quel suono, sempre uguale ma sempre straordinariamente diverso, arrivava inaspettato, all’improvviso. Mi sono fermata stupita, come quando si incontra un amico, non più visto da tanto tempo, che materializza con la sua presenza la nostalgia che era dentro di noi”.
Fu quello per certi versi il segno della rinascita, anche se lavori e ristrutturazioni (non sempre a regola d’arte) durarono per anni.